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Quando ero piccola mio padre mi ha insegnato quello che lo Sport significasse per lui e che avrebbe dovuto significare anche per me.

Concetti semplici e imprescindibili:

1️⃣ Sempre rispetto per gli avversari e per se stessi.

2️⃣ Non ci sono “maschi” e “femmine”, ma solo atleti.

3️⃣ Non ci sono figli di presidenti in campo e meritevoli fuori.

4️⃣ Prendersi sempre le proprie responsabilità e mai cercare delle scuse.

5️⃣ Non c’è sconfitta se hai dato il massimo.

6️⃣ Sii sempre umile e ascolta. Puoi imparare qualcosa da tutti: dal custode che ne ha viste tante, fino al miglior campione.

7️⃣ Lavorare più forte degli altri: se sei la Numero Uno per rimanerci, se sei l’ultima per prenderti la rivincita.

 

Quello che invece molte volte trovo in giro è questo…

1️⃣ Mancanza di rispetto per se stessi (con comportamenti di alcuni campioni che fanno rabbrividire) e per gli altri (insulti agli avversari, agli arbitri, ai compagni).

2️⃣ “Le donne non possono stare su un campo da calcio” e “Questo è un lavoro da uomo”.

3️⃣ Molto spesso vedo figli di sponsor, di presidenti, di “buone donne”, stare in campo al posto o essere convocati al posto di altri più meritevoli.

4️⃣ La lista delle scuse è così ampia che potrei scriverci un libro! “È colpa del mio allenatore”, “Ho perso perché l’arbitro mi ha rubato una palla”, “C’era troppo sole/troppo vento/troppo ghiaccio… insomma troppo”.

5️⃣ Il risultato è tutto! Se vinci sei un campione, se perdi sei un co*****e.

6️⃣ Umiltà, questa sconosciuta.

7️⃣ “Oggi sono stanco. Ho le gambe pesanti, meglio gestirmi l’allenamento”, “Ci ha fatto correre troppo. L’allenatore è impazzito e a fine allenamento ci ha fatto pure fare la partita”.

 

Chissà cos’è andato storto tra i valori che consideravo universali e la realtà…

Sicuramente il pensare di poter fare i tuttologi e ricoprire tutti i ruoli: genitori/allenatori, allenatori/psicologi, mental coach/preparatori atletici, ecc.

E allora qualche cosa magari sfugge…

Sfugge quell’educazione che dovrebbe dare un genitore, ma che non lo fa perché troppo occupato a giudicare il figlio.

Sfugge il rispetto che l’allenatore deve insegnare all’allievo come prima regola, ancor prima di segnare, fare assist o un ace.

Sfugge l’importanza di dare un valore a se stessi, che chi fa il mio lavoro ha l’obbligo di insegnare!

Allora, cari colleghi, facciamo tutti un passo indietro e capiamo per primi che collaborare senza farci la guerra è il miglior regalo che possiamo fare ai nostri atleti/figli/campioni!
Ognuno di noi può portare un valore aggiunto diverso, che appunto aggiunga e non tolga.
Ognuno di noi è professionista nel suo campo e in quello può dare il meglio.
Non accontentiamoci di creare mezze persone, o uomini, o atleti, ma collaboriamo per creare un unico Essere Umano in armonia con se stesso e con gli altri, che solamente come tale potrà godersi il percorso per arrivare al successo.

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